martedì 19 gennaio 2010

Malinconia fra le pagine di un libro

La copertina del Manuale di Dragon Warriors


Sono cresciuto insieme a mio cugino. Lui e i miei zii vivevano nella casa di mia nonna materna, a meno di 100 metri da casa mia, nel quartiere di Villa Lais a Roma. A quel tempo, negli anni '70, era davvero una brutta zona. Le case erano belle, ma le strade non erano illuminate. La grande villa che durante il Regno apparteneva al Conte Lais fu confiscata ai tempi dell'inizio della Repubblica, ed era diventata fatiscente. Si trattava di un bel parco posto al centro di vigne e campi coltivati che appartenevano al Conte. C'erano, tutt'intorno, casette e casolari di contadini che vivevano secondo le leggi dell'epoca, sotto il governo del vassallo. Parliamo, ovviamente, della Roma papalina, del governo del Papa Re.

Quando la Repubblica confiscò i beni dei nobili, i Conti Lais lasciarono per sempre la loro tenuta. I campi coltivati andarono in rovina e furono acquistati dai "palazzinari", una parola romana che indica i "costruttori senza scrupoli".

I palazzinari distrussero i campi e costruirono le belle palazzine che poi divennero le case di noi che abitavamo in quella zona

La grande villa dei Conti Lais rimase al centro del quartiere, ma senza cure né guardiani. Non c'era nemmeno un muro di cinta, ma una banale recinzione formata da una rete metallica, bucata e forzata in più punti. L'amministrazione di Roma era pessima e il mio quartiere, che all'epoca era considerato "di periferia" (adesso è praticamente al centro), fu abbandonato a se stesso, al pari di tanti altri. Strade piene di buche, senza illuminazione, drogati, teppisti e spacciatori che facevano avanti e indietro dai tetri anfratti della grande villa... E nonostante questo, in quegli anni, si giocava molto all'aria aperta.

Io e mio cugino passavamo il nostro tempo giocando nella villa (di giorno, ovviamente!) e fantasticando su cosa poteva esserci oltre le porte murate del piccolo maniero del Conte, che ancora sorgeva al centro della tenuta. Fantasticavamo e giocavamo assieme agli altri bambini del quartiere.

Un giorno, avevo si e no 12-13 anni al massimo, mio cugino mi portò uno strano libro.
Glielo aveva regalato un amico di suo padre che aveva un negozio di "giochi strani" in Via del Colosseo, al centro di Roma. Il libro si intitolava "I Signori delle Tenebre".

Al giorno d'oggi i genitori, o le associazioni dei genitori, griderebbero all'orrore, al tentativo da parte dello "strano proprietario di un negozio di giochi strani" di corrompere dei bambini, magari inducendoli alle blasfeme pratiche del satanismo.
Ma in quegli anni era normale giocare all'aria aperta, e i bambini erano soliti guardare al mondo con il solito sguardo di sempre: pronti a trovare il fantastico e l'avventura dietro ogni angolo.

"I Signori delle Tenebre" era un librogame! Che voleva dire? Io e mio cugino ne sfogliavamo le pagine seduti sul muretto davanti casa di mia nonna. C'erano illustrazioni raffiguranti mappe, posti stranissimi, esotici e lontani, cavalieri, spade, maghi, mostri terribili, draghi volanti, grandi castelli...
Ma che razza di favola c'era raccontata in quel libro?

L'autore era Joe Dever, le illustrazioni erano di Gary Chalk. Quei nomi sono i nomi di coloro che mi hanno iniziato al Fantasy.
Appena letta la prima pagina, abbiamo capito di cosa si trattava.

"Se vuoi prendere il sentiero di sinistra, val al..." seguiva un numero di paragrafo. "Se vuoi prendere quello di destra, vai al..." Bastava andare al paragrafo corrispondente e l'avventura continuava. Ci eravamo trasformati nei protagonisti del libro!
Leggemmo "I Signori delle Tenebre" decine di volte.



A quel tempo, doveva essere il 1985, credo, facevo la terza media. Un giorno mi feci prestare il libro -logoratissimo- da mio cugino. A scuola, mi improvvisavo a leggere il libro mentre alcuni miei amici prendevano le scelte a farsi tutti insieme, come se interpretassero un gruppo di eroi, o come se prendessero tutti insieme la parte di Lupo Solitario, il protagonista.
Era un inizio, un primo rudimentale tentativo di gioco di ruolo. E io iniziavo a fare il Master.

Qualche mese dopo conobbi l'amico di mio zio, "il proprietario dello strano negozio". Paolo. Proprietario dell'unico negozio (all'epoca) di giochi di ruolo di Roma. Regalò a mio cugino una specie di gioco da tavolo. La scatola era rossa, il nome era strano...difficile da pronunciare, in inglese. C'era chi lo chiamava "dangeons end dragons", altri -più correttamente- "dangeons end dregons", altri addirittura "dungeons end dragons"... sta di fatto che l'estate del 1985 stavo masterizzando la mia prima avventura. E nel 1986 creai un personaggio che divenne il prototipo del "personaggio duraturo" nel mio gruppo.

Sono passati gli anni. Il quartiere è cambiato. Villa Lais è stata ristrutturata, l'illuminazione è stata collocata in tutte le strade. La mia famiglia ha venduto casa, e lo stesso ha fatto mio zio.
Io e mio cugino non ci vediamo più. Mia nonna è andata a vivere con l'altra sua figlia, in Germania.

Tutto è cambiato.

Ma non ho smesso mai di giocare ai giochi di ruolo.
Sono passato da D&D a RuneQuest e poi ad Advanced D&D, dal quale non mi sono più mosso sino all'arrivo di D&D 3.x Quest'ultimo si è rivelato una delusione -troppe regole, troppo potere, troppo tutto- e sono tornato a RuneQuest.
Ma non riuscivo a creare... o meglio a RIcreare atmosfere che andavo cercando da anni.
Ho provato e riprovato, e ho sempre fallito.
E alla fine, solo negli ultimi due anni, ho capito perché.

Perché io, probabilmente inconsciamente, stavo cercando di tornare alle atmosfere di quei giorni fatati, quando si leggevano i libri di Lupo Solitario, quando si aspettava con trepidazione inaudita l'uscita della scatola blu, "expert", di D&D... quando tutto era semplice e il gioco di ruolo non era altro che interpretazione pura.
La mia ambientazione, il mondo fantasy che stavo plasmando, aveva ormai preso quella direzione in modo irreversibile: un mondo di fiabe nere, magico e affascinante -certo- ma con tematiche dark molto molto distanti dal carrozzone carnevalesco di stile LucasFilm delle ultime incarnazioni di D&D.
D'altro canto, anche l'Advanced 2nda edizione risultava ormai improprio per il tipo di gioco che avevo in mente.

Così ho acquistato la ristampa di Dragon Warriors, del quale avevo letto online (e iniziamente snobbato, a dire il vero), un vecchio successo degli anni '80, mai pubblicato in Italia e recentemente rieditato da Magnum Opus Press.
Dragon Warriors fu scritto da Dave Morris e Oliver Johnson. Il loro editore del tempo (la Cogi, mi sembra) ne voleva fare l'antagonista di D&D, la risposta inglese al successo americano di Gary Gygax e Dave Arneson. Il gioco, però, fu pubblicato solo nel Regno Unito e in Australia, con il risultato che non giunse mai sui tavoli da gioco dei giocatori di tutto il mondo.

La nuova edizione di Dragon Warriors si presenta bene. Attenzione, dico "nuova edizione", ma sostanzialmente si tratta di una "ristampa". E' come se uscisse fuori qualcuno che ripubblicasse AD&D prima edizione: non è un nuovo gioco. E' il vecchio gioco ristampato in un nuovo formato (prima era pubblicato sotto forma di volumetti pocket, sullo stile dei librigame) e con nuove illustrazioni. Il manuale è ben fatto, soprattutto se si considera che viene da un editore "indy", un termine per indicare i piccolissimi editori indipendenti, molti dei quali pubblicano solo in formato pdf.
La copertina è rigida, a colori, con una splendida cover di Jon Hogdson. All'interno, le illustrazioni sono tutte in bianco e nero (non tutti hanno i soldi per pubblicare come la Wizard o la Games Workshop), ma quel che conta di più sono le regole.
Il gioco perfetto non esiste, e Dragon Warriors ha tutto il bene e tutto il male dei giochi di vecchia scuola. I giocatori dei nuovi giochi sono abituati, ad esempio, a regole che rendono la morte come un evento "improbabile", se non addirittura "impossibile". Ci sono super-poteri, classi-armatura impossibili, resurrezioni a go-go, oggetti magici a profusione.
Dragon Warriors è un vecchio gioco, e quindi è pericoloso. Sebbene non si avvicini minimamente al livello di mortalità di RuneQuest o di Warhammer, Dragon Warriors (d'ora in poi DW) è di certo uno strettissimo parente del vecchio D&D.

LE REGOLE
DW ha cinque caratteristiche: Forza, Riflessi, Intelligenza, Talento Psichico e Aspetto, le quali si determinano tirando 3d6 "secchi" (niente 4d6 scartando il più basso, niente totale punti da suddividere... un semplice lancio di 3d6 per ogni caratteristica). Esistono poi degli attributi secondari, i quali sono Attacco, Difesa, Attacco Magico (solo x i lanciatori d'incantesimi), Difesa Magica, Evasione, Percezione e Furtività. Valori particolarmente alti nelle caratteristiche influenzano gli attributi secondari (vi ricorda qualcosa?)



Il combattimento è un semplice e secco tiro su 1d20: bisogna tirare sotto il proprio Attacco meno la Difesa dell'avversario (ad esempio, se hai Attacco 14 e attacchi un nemico con Difesa 6 devi fare 8 o meno su 1d20 per colpire). Questa meccanica, semplicissima, del Tiro per Colpire mi ha immediatamente conquistato, perché mi ha ricordato i vecchi librigame di Lupo Solitario (dove, similmente, avevi Combattività e Resistenza, le quali andavano a confrontarsi con quelle dei nemici).

Ogni armatura ha un "Fattore Armatura" (AF) e ogni arma ha un tiro per "bypassare" l'armatura. Ad esempio, l'armatura di piastre ha Fattore Armatura 5, mentre uno spadone a due mani ha un Tiro x Bypassare di 1d10. Così, se colpisci con uno spadone a due mani e tiri 6 o più su 1d10 superi il Fattore Armatura del nemico e il colpo trapassa il metallo della sua armatura.
Le armi causano un danno fisso, quindi non si tirano i dadi per i danni.

Ho provato a creare un personaggio compilando una scheda come da manuale. Ci sono voluti 5 minuti. Poi abbiamo fatto un combattimento di prova: molto veloce, molto ritmato. Semplice e brutale. I dadi si tirano freneticamente, senza pensare, senza dover controllare tabelle.

Ci sono 4 tipi di lanciatori d'incantesimi: maghi, mistici, elementalisti e stregoni. I mistici hanno poteri inerenti alla loro mente, e sono gli unici a non usare i punti magia. Gli elementalisti sono qualcosa di simile ai sacerdoti pagani, o ai druidi, devoti alle forze naturali. Gli stregoni sono dei maghi-guerrieri.

Per vedere se una determinata prova si supera o no, il Master assegna una determinata difficoltà alla prova in questione. Supponiamo che serva saltare un baratro. Il Master decreta che il baratro è né troppo largo né troppo facile da saltare. In altre parole è "medio". Dal momento che la difficoltà delle prove va da 3 a 18, la media è fra 9-11. Il Master decide che la difficoltà del salto di questo baratro è di 11. La prova in questione è quella di Riflessi.
Se il personaggio ha 11 o più, non c'è nemmeno bisogno di tirare i dadi: il personaggio è sufficientemente addestrato e ce la fa.
Se i Riflessi del personaggio misurano meno di 11, allora deve tirare 1d20 SOTTO il suo valore di Riflessi.
Tutto qua. Tutte le prove, salvo poche varianti riguardanti la magia, si effettuano allo stesso modo.

Le "professioni" (classi) sono: Assassino (davvero ben realizzato - comprende anche il ladro), Barbaro, Cavaliere (questi due sono praticamente il guerriero barbaro e il guerriero civilizzato, il termine "cavaliere" non indica il "paladino" ma il cavaliere errante, o mercenario), Elementalista, Mago, Mistico e Stregone. A queste si aggiunge -in una gazzetta appoggiata dagli autori- il "Frate".
Le regole sono davvero semplici: io ho tradotto il materiale gratuito scaricabile dal sito della Magnum Opus Press ( http://www.magnumopuspress.com/?page_id=101 )e i fondamenti del gioco, nonché le descrizioni del Barbaro e del Cavaliere sono entrate in circa 10 pagine. In altre 8 pagine ho inserito le armi e le regole per il combattimento. Quindi in meno di 20 pagine ci sono le regole necessarie per giocare.



Dragon Warriors ha sicuramente delle pecche, come tutti i giochi. Inoltre, essendo un vecchio gioco, ha sia il fascino sia le problematiche dei vecchi sistemi. Ma nelle sue pagine ho ritrovato quell'atmosfera che mi conquistò nei pomeriggi assolati della tarda primavera, quando la scuola stava per finire, quando assieme a mio cugino leggevamo esterrefatti le avventure di Lupo Solitario e apprendevamo -senza saperlo- i primi rudimenti del gioco di ruolo.

6 commenti:

  1. Nel 1985 io avevo 4 anni e 'gioco di ruolo' non sapevo nemmeno pronunciarlo (ho cominciato a parlare tardi :p ). Però dai tredici anni ho cominciato a giocare di ruolo con un personaggio che ha vissuto con me l'infanzia e che tu chiami fratello. Da allora ci sono state fasi di stallo e false partenze. Dai diciassette anni gioco di ruolo praticamente ogni settimana.
    Qual è la sensazione che cerco sempre quando gioco di ruolo? Forse è sempre la stessa per ogni giocatore. Riprovare quella violenta emozione che si ha avuto quando si è sfogliato per la prima volta un manuale pensando: 'Cavolo! Ecco quello che vorrei vivere in questo momento!'.
    La mia prima volta è stata la famosa 'scatola rossa', avevo dodici anni o meno, ero a casa di una zia e il marito mi aveva relagato quella scatola che era nell'armadio per darmi qualcosa con cui giocare mentre gli adulti cenavano. Lasciato solo sul divano ho fatto quello che ho sempre saputo fare meglio: ho letto tutto quello che avevo sottomano. C'è voluto un anno prima che sondassi i miei amici (Tommaso) per vedere se questo 'giocare di ruolo' fosse praticabile con qualcuno, ma ricordo ancora nei dettagli il disegno della chierica in ginocchio che cura il nano svenuto, il guerriero che illumina con la torcia il portale del dungeon, il drago con le fauci spalancate. Tutti disegni che stanno sempre lì, stampati nella memoria ancestrale che si crea quando si è bambini.
    Da allora ho trovato e perso e cercato ancora quelle sensazioni e ogni volta le ritrovo con alchimie diverse e imprevedibili. L'unica cosa che conta davvero forse è solo l'avere la capacità di trasferirsi in quel mondo, che può essere raccontato in 100 modi diversi, e lo si può raggiungere con chissà quanti mezzi, ma che alla fin fine è sempre quel posto dietro lo specchio che abbiamo trovato ad un passo da una villa nobiliare in decadenza o sul divano di una zia noiosa in un pomeriggio di tanto tempo fa.

    V.

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  2. "Perché io, probabilmente inconsciamente, stavo cercando di tornare alle atmosfere di quei giorni fatati, quando si leggevano i libri di Lupo Solitario, quando si aspettava con trepidazione inaudita l'uscita della scatola blu, "expert", di D&D... quando tutto era semplice e il gioco di ruolo non era altro che interpretazione pura."

    Condivido in pieno! È per quello che continuo a giocare a D&D a 33 anni suonati... solo che quelle atmosfere si sono ormai perse perché forse è cambiata la cornice, siamo cambiati noi... forse è giusto abbracciare un nuovo modo di giocare, dove anche la struttura ha una sua importanza. Quello che è certo è che il cartone dell'epoca, che possiedo in DVD, mi fa ogni tanto riandare con la memoria a quel tempo e... insomma, condivido in pieno quello che scrivi!

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  3. Per Marco Filippo: Sono contento che tu condivida, e che ci siano sempre più persone che, stanche dei regolamenti pesanti, stiano riscoprendo il fascino dei giochi di vecchia scuola. O che, come te, non abbiano mai smesso di giocarci. Io ho quasi 38 anni...quindi figurati! Ti capisco benissimo. Giochi ancora il vecchio D&D diviso in scatole?
    Il cartone... me lo ricordo anche io! Che malinconia! Con i miei cugini, e con altri ragazzini, ci riunivamo per vederlo tutti assieme. Mi ricordo che d'estate lo facevano la mattina presto, verso le 8, così ci alzavamo anche se non dovevamo andare a scuola pur di vedere il cartone di D&D! :D

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  4. Per Valerio: il tuo commento mi ha commosso... d'altro canto sono orgoglioso di riuscire ad andare ancora "al di là dello specchio"... è una cosa che la maggior parte dei mortali, una volta lasciata la fanciullezza, non riescono più a fare!

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  5. Marco, dando un'occhiata al tuo blog ho visto che giochi a D&D 4, e che hai giocato anche le vecchie versioni! hihi! Ti avevo frainteso, pensavo che giocassi ancora il vecchio sistema. Io non amo le nuove incarnazioni di D&D (dalla 3 in poi, sono rimasto ad Advanced D&D), ma sono interessato ad info sulla tua ambientazione, quindi mi andrò a leggere il tuo blog! ^_^

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  6. Il primo ricordo di un gioco di ruolo è stata una frase pronunicata da Valerio, forse la seconda volta che lo vedevo in vita mia, a 18 anni: quel gioco è D&D. Dai chiamiamo Fra e vediamo se vuole giocare!

    E per colpa di Valerio mi sono ritrovato catapultato in mondi immaginari che ho spesso sperato potessero davvero esistere.

    Se invece mi concentro un pochino, ricordo che da più piccolo, forse 12 anni, mi avevano regalato dei libri-gioco in cui sceglievi la strada da far compiere al protagonista di turno.

    Andando ancora prima con l'età, ho sempre amato giocare con i vari pupazzetti di Heman, Playmobil pirati e medioevo, Lego e, lo ammetto, con mia cugina ho giocato spesso a Barby... era l'età forse... :)

    Spero tanto che lo specchio in cui ogni giorno guardiamo mentre ci laviamo i denti, possa sempre fare da portale, anche solo un minuto al giorno, per la fantasia, che molte persone ormai non ricordano come raggiungere.

    Ettorefabio

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